Dalla terra madre ai suoi figli attraverso le foto
Un percorso ideale dall'omaggio ai luoghi di Paolo Maura a Mineo (nel terzo centenario della morte del poeta dialettale) alla mostra «Fisiognomica» a Caltagirone
Di Salvatore Scalia
Dalla terra madre ai suoi figli: è questo il percorso ideale che si compie da Mineo a Caltagirone attraverso due mostre fotografiche. La prima è di Salvatore Scollo nell'ex Casa della Fanciulla a Mineo, di durata troppo breve per compensare i meriti dell'artista e lo sforzo organizzativo. L'occasione è il terzo centenario della morte del poeta dialettale Paolo Maura e la mostra ne ripercorre idealmente le tracce, riscoprendo la poesia di un territorio agricolo. Le foto, integrate dai versi di Carlo Blangiforti, che hanno il sapore forte e nostalgico dei valori ancestrali, raffigurano il travaglio incessante e le rughe della madre terra, forza lievitante e sempre in fermento, natura naturans. L'occhio coglie le curve sensuali delle colline, il grembo della terra fecondato dalla pioggia e dal sudore, oppure lacerti antichi di abbandono e solitudine, dietro cui s'indovina una vita laboriosa e ormai nascosta, ma non doma né cancellata. L'anima umana, che nelle foto di Scollo si coglie come una proiezione sulla natura degli stati d'animo dell'artista, è rappresentazione diretta, scavo e indagine psicologica nelle espressioni del viso nella mostra collettiva "Fisiognomica" organizzata nelle sale del Museo d'arte contemporanea di Caltagirone di cui lo stesso Scollo è uno dei protagonisti. "Nel 2010 - spiega Domenico Amoroso ideatore della rassegna - «Fotomalìa» ha individuato l'aspetto particolarmente narrativo e affabulatorio della ricerca di artisti che utilizzano il mezzo fotografico per esprimere una difficile e complessa condizione esistenziale, facendo emergere un mondo interiore fantastico e magico che è anche nell'immaginario di un'epoca. Nella presente edizione: «Fotognomica», gli artisti invitati, vivendo la stessa condizione, la colgono e la rappresentano attraverso una volontà e una modalità ritrattistica, che si avvicina a quella che ancora oggi affascina nei Musei e nelle collezioni di arte antica: il cosìddetto «ritratto ideale» o «di carattere». Guardando concettualmente alla grande esperienza ellenistica e romana, essi, nei volti, ma anche nei luoghi e negli oggetti, ricercano una «verità» a cui solo approssimativamente ci si può avvicinare, in un impegno di documentazione sempre aperto e virtualmente infinito." E allora proviamo a leggere la contemporaneità attraverso i ritratti. In uno di Giuseppe Leone c'è il critico letterario Salvatore Silvano Nigro, che indossa un accappatoio simile a una divisa da galeotto, fotografato davanti a un quadro che lo raffigura come un signore rinascimentale. Al volto severo del quadro corrisponde l'espressione sorniona della foto. E' la sintesi perfetta della doppiezza e della maldicenza. I ritratti di Salvatore Scollo sono la testimonianza di un mondo multietnico e stratificato socialmente e moralmente: dai volti degli ultimi, gli extracomunitari e il giovane che contesta, alla vecchietta sfiorita che conserva nei capelli lunghi e lisci un'ombra di civetteria. Roberto Strano ripropone la degradazione, l'alienazione e la solitudine delle periferie urbane. Spesso la fotografia imita o arricchisce la pittura. Hanno echi di Balthus i ritratti di Sebastiano Favitta che esprimono l'angoscia contemporanea nei volti allungati, sfumati e deformati. C'è un ritratto di Vincenzo Consolo che ci sembra un commento appropriato al personaggio e al lirismo della sua scrittura. Un tocco straniante e leggero è quello di Attilio Gerbino che fotografa vari personaggi con in mano una targa dedicata a miti della cultura di massa contemporanea come la Via Paperino. Più raffinati e intellettualmente più complicati sono i miti contemporanei di Barbara Olson, come un uomo con un berrettino davanti a foto con forme possenti e michelangiolesche, con chiaroscuri caravaggeschi. In sintesi la venerazione moderna del corpo contrapposta al grigiore fisico e morale dell'uomo comune. Rosetta Berardi, Marco Calabrese, Gaetano Gambino, Simone Lisi, Enzo Rinaldi ed Ernesto Romano completano ognuno con un suo stile e una sua profondità il giro d'orizzonte delle facce contemporanee. Infine uno sguardo alla società globale con i ritratti di Rosetta Berardi titolati "Kabuki". Il termine ormai non ci sorprende più, ma quei volti colorati continuano a restare lontani, sono quelli di un altro mondo, testimonianza di radici non omologabili.