L'Untore al tempo della guerra
Aprile 2003
Dall'editoriale di Sebi Sudano
Il sonno della ragione
«"Il nostro paese dà grande valore alla vita e non cercherà mai la guerra a meno che essa non sia indispensabile per la sicurezza e la giustizia". Iniziava così, qualche mese fa, uno dei discorsi di George W. Bush che, tenendo fede a quelle parole, il 20 marzo dava il via ad un conflitto dal punto di vista tecnologico senza precedenti. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno illegittimamente preso l'iniziativa della guerra contro l'Iraq, in violazione di convenzioni internazionali il cui scopo era precisamente quello dl bandire la legge della giungla nei rapporti tra stati. In questi giorni i mass-media, protagonisti indiscussi, pur di tenerci incollati al televisore stanno mostrando immagini di guerra 24 ore su 24. Per mobilitare la popolazione tutto fa brodo: assistiamo alla diffusione di mezze verità, di voci non verificabili e di vere e proprie bugie. La guerra ci viene presentata come giusta, inevitabile, difensiva. È importante sottolineare come i governi impegnati nel conflitti si servano spesso dei mezzi di comunicazione dl massa per tentare in qualsiasi modo di demonizzare lo Stato nemico ed il suo capo; è questo il caso del dittatore iracheno Saddam Hussein, presentato come un essere fondamentalmente malefico e descritto come uno psicopatico. Si dimentica però che il malefico, l'assassino, lo psicopatico di oggi è lo stesso che in passato fu alleato degli Stati Uniti e della Francia e che adesso si trasforma improvvisamente in un despota, in un nuovo Hitler. Promuovendo la pace con la forza, dalla Casa Bianca al Pentagono, si sono adoperati per conquistare i cuori e i cervelli del popolo statunitense e non solo, i tentativi dl imputare all'Iraq un coinvolgimento negli attentati dell' 11 settembre 2001 e più in generale nel terrorismo internazionale sono clamorosamente falliti. Anche i sospetti che Imputavano a Baghdad la spedizione di lettere all'antrace a diverse personalità si sono rivelati privi di fondamento; un'inchiesta ha anzi rivelato che quel particolare tipo di antrace era stato prodotto proprio negli Stati Uniti e, come se non bastasse, dagli archivi del Pentagono si è appreso che proprio Donald Rumsfeld, l'attuale segretario alla difesa, all'inizio degli anni 80, durante la guerra tra Iran e Iraq, fu l'artefice della cooperazione degli Stati Uniti con quest'ultimo, facilitando in quel contesto la fornitura delle armi chimiche utilizzate da Saddam Hussein per gasare le popolazioni iraniane e kurde. Nonostante ciò George W. Bush giura che uno dei suoi principali obiettivi è quello di liberare il popolo iracheno dalla tirannide e di instaurare una democrazia. Possiamo indubbiamente dire che le dichiarazioni del capo della Casa Bianca sono cariche di ipocrisia se consideriamo quante dittature abbiano fruito del sostegno economico e militare di Washington e continuino a farlo tuttora. Detto questo, la domanda sorge spontanea: "Dovremmo eliminare il regime di Saddam Hussein... e quello, più sanguinano, di Kim Jong Il, presidente della Corea del Nord, che oltre tutto è in possesso di armi nucleari"? I dirigenti americani non fanno nessun accenno ai vantaggi che ci si aspetta da un Iraq trasformato in satellite, dalle ricche riserve petrolifere di questo paese, dai favolosi contratti per le opere di ricostruzione che le industrie americane potrebbero facilmente assicurarsi, dal consolidamento dell'egemonia americana in Medioriente e da un sempre maggiore controllo del mercato del petrolio a scapito di un mondo arabo che diverrebbe ancora più instabile. Considerazioni queste però, occultate dalla maggior parte dei grandi media d'oltreoceano che mettono in evidenza soltanto gli aspetti secondari o tecnici della guerra. intanto mentre le prime bombe intelligenti cadono sul popolo iracheno e i primi soldati americani perdono la vita, George W. Bush, per eliminare lo stress accumulato durante la settimana, si reca nella magnifica residenza di Camp-David per il week-end. Una delle conseguenze più gravi causate da questa guerra, oltre alle distruzioni ed alle vittime che lascerà sul campo di battaglia, è la perdita di credibilità dell'O.N.U., unico forum mondiale autorizzato ad intraprendere una guerra preventiva. Questa azione militare rischia di innescare un pericoloso circolo vizioso che potrebbe indurre altri stati, sentendosi legittimati dal comportamento degli Stati Uniti, a non rispettare le convenzioni internazionali, destabilizzando così diverse aree del mondo. A tutto ciò hanno contribuito gli stati membri dell'Unione Europea, i quali non sono riusciti a prendere una decisione comune dimostrando per l'ennesima volta che il gigante economico è purtroppo un nano politico. Le guerre sono il sonno della ragione, l'annullamento di ogni prospettiva di dialogo, il tramonto della civiltà. Diciamo no a questa come alle altre trenta e più guerre in atto nel mondo, che godono però di minore attenzione da parte dei media: non farebbero audience. Diciamo no alla spettacolarizzazione della sofferenza, messa in atto indistintamente da tutti i network con il solo scopo di seguire la legge del profitto, spettacolarizzazione giustificata con il diritto di informazione. Diciamo no alle morti inutili, ingiuste ed atroci che la guerra porta con sé, siano esse di civili o militari, irachene o americane o britanniche: il valore di una vita non dipende da queste categorie. Diciamo no ai guerrafondai come George Bush, ai criminali sanguinari come Saddam Hussein: la guerra di interessi se la combattano loro due e la folta schiera di profittatori, facenti capo ad alcune multinazionali, che da questa guerra trarranno vantaggio! »
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