31 gennaio 2010
L'Iliade in tre brani fondamentali
La contesa tra Achille e Agamennone, Il duello tra Ettore e Achille, Priamo chiede ad Achille il riscatto del corpo di Ettore lette da Ciccio Schembari
Ma se questa non fosse, a cui comandi,
spregiata gente e vil, tu non saresti
del popol tuo divorator tiranno,
e l’ultimo dei torti avresti or fatto.
»Così Achille, nel primo canto dell’Iliade, apostrofa Agamennone tiranno solo perché la gente a cui comanda è spregiata e vile. L’essere tiranno non è in se ma nella relazione col popolo. Il tiranno esiste solo in quanto riconosciuto, avallato e giustificato dal popolo. Così come anche il leader di un gruppo è tale solo e in quanto riconosciuto come tale dagli altri componenti. Ecco perché i tiranni in carica sono sempre osannati e acclamati e, solo dopo la caduta, incolpati e vilipesi. È successo con Benito Mussolini e sta succedendo con Silvio Berlusconi.
Alcuni versi prima troviamo un giudizio diametralmente opposto
O d’avarizia al par che di grandezza
famoso Atride, - gli rispose Achille –
qual premio ti daranno, e per che modo
i magnanimi Achei?
E dunque per Achille, i compagni di battaglia, sono magnanimi o gente spregiata e vile? Sono entrambe le cose perché complesso è l’intreccio dei sentimenti nell’anima di ogni persona e complesso l’intreccio delle relazioni tra persone.
È riduttivo, perciò, parlare male dei tiranni senza indagare sui motivi, sulle ragioni, sui sentimenti dei tanti, in genere della maggioranza dei cittadini, che li hanno osannati e acclamati e, se in regime di formale democrazia, votati. Presentarli come mostri equivale a proiettare all’esterno e a non fare i conti con gli aspetti di mostruosità che sono dentro la maggioranza che ha consentito la loro tirannia».
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